II-da Domenica di Pasqua, di San Tomasso

La seconda domenica di Pasqua presenta caratteristiche speciali nella tradizione ortodossa chiamata anche la Pasqua dei buoni (blajini) si fa memoria dei defunti. Al temine della Divina Liturgia come di tradizione tutte le famiglie ortodosse vanno nei cimiteri per le ricorrenze funebre e per incontrare i loro defunti.

 Giovanni (Gv 20, 19 – 25) La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Tommaso in siriaco è l’equivalente del greco Didimo, cioè gemello. Un’antichissima tradizione attesta il culto dell’apostolo a Edessa di Siria (l’attuale Urfa, in Turchia). Tommaso è citato nei sinottici solo come uno dei dodici, ma Giovanni gli riserva molta più attenzione, ricordandolo in sette circostanze, tre delle quali evidenziano il profilo di Tommaso. In occasione della malattia di Lazzaro (Gv 11,6), mentre gli apostoli cercavano di convincere Gesù a non andare in Giudea per salvaguardare la loro incolumità, Tommaso dice con decisione: “Allora andiamo anche noi a morire con lui!”. Nell’Ultima Cena, dopo che Giuda ha lasciato il cenacolo, Gesù cerca di tranquillizzare i suoi: “Io vado a prepararvi un posto… E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Ma a Tommaso qualcosa non torna: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. E Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,1-6). Gesù sembra servirsi della limitatezza dell’orizzonte di Tommaso per insegnare qualcosa a tutti noi. C’è infine l’episodio al centro di questa domenica.

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