Festa della Annunciazione

26 Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

(Luca 1,26-38)

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La festa dell’Annunciazione ricorre il 25 di marzo calendario giuliano /7 aprile calendario civile : celebra il mistero dell’Incarnazione del Verbo. Anticamente era chiamata festa della Divina Incarnazione. L’unico Vangelo a parlare di questo episodio è il terzo, quello di Luca (Luca, I, 26-38). In questo passo del Vangelo si racconta di come l’angelo Gabriele sia apparso a Maria, a Nazareth e le abbia annunciato che sarebbe diventata, per opera dello Spirito Santo, madre del figlio di Dio, il Messia Gesù.

La data della festa al 25 di marzo, testimoniata dal sesto e settimo secolo, fu fissata in relazione con il Natale, probabilmente con l’idea che l’Incarnazione, come la creazione del mondo – secondo calcoli eruditi e considerazioni mistiche – coincidesse con l’equinozio di primavera.

L’Annunciazione, così chiamata perché fa riferimento all’annunzio del concepimento verginale e della nascita verginale di Gesù dell’angelo Gabriele a Maria – che diviene l’Annunziata-, celebra anche l’Incarnazione del Signore. A Nazareth fin dal IV secolo esisteva una basilica dedicata all’Annunciazione, ciò nonostante, la prima notizia certa relativa alla celebrazione della festa risale a non prima della metà del sesto secolo: quando Abramo, vescovo di Efeso, scrisse una omelia In Annuntiatione Deiparae in cui si nomina la magnam festivitatem del mese di marzo.

A renderla popolare, quindi, contribuì la condanna di Nestorio e l’esaltazione della Vergine come madre di Dio (ϑεοτόκος) fatta nel concilio di Efeso nel 431.

Secondo alcune ricerche storiche la festa dell’Annunciazione è sorta all’interno della celebrazione del Natale, come conseguenza o come preparazione. La Chiesa di Costantinopoli, nella prima metà del VI secolo, celebrava con solennità l’Euaggelismòs(Annunciazione) il 25 marzo. Queste celebrazioni si trasferiranno a Roma e in Spagna nel secolo seguente.

Nel VII secolo, dunque, la ricorrenza doveva essere una delle più solenni per la Chiesa, visto che il concilio in Trullo (Costantinopoli, 692) aveva stabilito che l’Annunciazione si celebrasse in Quaresima: papa Sergio (687-701) dispose che nelle quattro feste della Vergine si organizzassero delle precessioni solenni. Era permessa, dunque, la celebrazione della festa anche in tempo di Quaresima.

Molto più ricche di particolari sono le descrizioni dell’evento fatte dai Vangeli apocrifi dell’infanzia, soprattutto: il Protovangelo di Giacomo (200 ca.), lo Pseudo-Matteo (VII-VIII secolo e oltre) e la Natività di Maria (846-849) di Radberto Pascasio, abate di Corbie.

Queste descrizioni del “buon annuncio” (εὐαγγελισμός) – come chiamarono i Greci la festa dell’Annunciazione – hanno fortemente influenzato l’iconografia delle raffigurazioni artistiche.

Questa letteratura ha trovato nel Medioevo la sua massima diffusione, divenendo il modello per le applicazioni figurative, grazie anche alle compilazioni di carattere divulgativo come: lo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais (m. nel 1256) e la Legenda aurea di Jacopo da Varazze (m. nel 1298). Secondo la narrazione degli Apocrifi l’angelo Gabriele si sarebbe presentato a Maria due volte: la prima, mentre la giovane si recava ad attingere acqua a una fonte: l’angelo senza rendersi visibile le rivolse la parola, spaventandola; la seconda, quando, Maria era in casa a filare e tessere un velo di porpora per il Tempio: l’arcangelo le apparve in sembianze umane annunciandole che avrebbe concepito e partorito un figlio per virtù dello Spirito Santo.

Il saluto dell’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria ha ispirato l’arte cristiana in tutte le epoche. Percorre la storia dell’arte in infinite variazioni e in tutti i secoli. La prima testimonianza risale al III secolo: l’ignoto pittore delle catacombe di Priscilla raffigura la Vergine seduta in trono e l’angelo messaggero ai suoi piedi.

Ispirandosi alla descrizione del protovangelo di Giacomo, gli artisti, nel V secolo, rappresentano la Vergine seduta, nell’atto di filare oppure presso una fonte. Nelle rappresentazioni successive (VI secolo) Maria e l’angelo si scambiano di posto, l’angelo passa dalla destra alla sinistra della Vergine. E la Vergine, tolte rare eccezioni, sarà da questo momento rappresentata non più seduta, ma in piedi.

L’iconografia della Vergine in piedi appare per la prima volta nel VI secolo in Siria e in Palestina. È comune a Bisanzio e all’Oriente, e sembra che questa nuova rappresentazione si sia diffusa a Costantinopoli, affiancandosi, senza eliminarla, all’immagine della Vergine seduta.

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