SAN MASSIMO IL CONFESSORE

Una vita spesa per l’Ortodossia

San Massimo il Confessore (579-662) fu un grande Padre della Chiesa, difensore della purezza della dottrina contro l’eresia monotelita, la quale minava l’esistenza di due volontà – divina ed umana – in Cristo. Principalmente conosciuto per questo, tuttavia san Massimo non si limitò solo alla cristologia, ma affrontò anche altri temi dottrinali come la Deificazione (Theosis) e la lotta spirituale. Nato da una famiglia di nobili origini, rimase orfano e fu condotto alla Vecchia Lavra di san Pantaleimone in Palestina, suo paese natio, ove fu formato nella filosofia greca e nella patristica. Giunto a Costantinopoli, con l’ausilio del suo discepolo Anastasio – molto influente a corte – riuscì a guadagnare rispetto negli ambienti curiali del patriarcato e a farsi conoscere e apprezzare per il suo genio e la sua dottrina. Nel 649 partecipò al Concilio del Laterano a Roma, indetto dal santo papa Martino I contro il monotelismo. Nel 653, poiché il partito monotelita aveva conquistato il favore imperiale, sia il papa romano che Massimo furono imprigionati ed esiliati. All’età di 82 anni, nel 662, san Massimo subì un altro esilio dopo un processo a Costantinopoli organizzato dal patriarca eretico Sergio I, che lo fece esiliare a Lazica, sul Mare Nero. Al processo farsa, dopo avergli fatto confessare la vera fede, lo flagellarono e gli tagliarono la lingua e la mano destra, per poi spedirlo al confino. Pochi mesi dopo il suo esilio si addormentò nel Signore: era il 13 agosto 662.

San Massimo il Confessore diede, come abbiamo detto, anche nuovo impulso al tema della Deificazione (theosis) portando decisivo soccorso al partito anti-monofisita. Nel pensiero di san Massimo l’uomo è immagine del Logos ed è per questo che contiene lo stesso nous( o essenza ) del Logos, ed è da questo che consegue la somiglianza con Dio e l’obiettivo della vita umana è rientrare in questa somiglianza. Origene rispondeva allora che, se così fosse stato, non vi sarebbe stato posto nella Storia umana per la caduta e la Morte. San Massimo rispose che la libertà dell’Uomo non risponde all’autonomia decisionale, ma alla perfetta adempienza dell’unione ( comunione ) con Dio. La Comunione con Dio non distrugge l’umanità, ma la rende perfetta: l’umanità e la divinità si manifestano reciprocamente nell’armonia. Gli scritti di san Massimo il Confessore furono usati da san Giovanni Damasceno nella Esatta esposizione della fede ortodossae in genere l’Oriente adottò i canoni di san Massimo quali corpus preferenziale contro ogni eresia cristologica che avrebbe affrontato successivamente.

Il Santo entrò di diritto nella Filocalia e molte pagine di questa raccolta gli sono dedicate: da molti è considerato il “padre della patristica bizantina”. La teologia di san Massimo ricalca molto l’esperienza di Dionigi Aeropagita e di Origene e riesce a sintetizzare e riproporre in modo meno filosofico molti concetti dei due grandi autori del passato. In particolar modo, l’esperienza mistica personale dell’unione con Dio ritrova una rinnovata forza nella Mistagogia, nella quale si sviluppa il rapporto divino-umano con una lirica aulica e con una profondità disarmante.

San Massimo il Confessore è un esempio di una vita spesa nella difesa dei valori della Fede e del coraggio di abbandonare tutto e di perdere tutto a causa della Retta Dottrina: la vita di Massimo è un inno alla purezza dei dogmi e all’entusiasmo della difesa dell’Ortodossia contro le derive che di volta in volta si presentano nelle acque della Storia.

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