Domenica dell’Ortodossia

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La prima domenica di Quaresima è detta “Domenica dell’Ortodossia” perché si ricorda la vittoria sull’iconoclastia e il ristabilimento della venerazione delle icone, avvenuta al II Concilio di Nicea nel 787 e poi confermato con il Sinodo di Costantinopoli dell’ 843, celebrato proprio nella prima domenica della Grande Quaresima. Contro gli iconoclasti, che basandosi sull’Antico Testamento rifiutavano ogni immagine sacra, i Padri a Nicea hanno stabilito il principio che, con l’incarnazione del Verbo di Dio, Dio è diventato visibile e quindi anche raffigurabile, ed hanno chiarito la differenza che c’è tra “adorazione” e “venerazione”: l’adorazione deve essere rivolta sempre e soltanto a Dio, la venerazione invece deve essere rivolta a tutto ciò che è sacro. Venerando un’icona, la nostra devozione non va al pezzo di legno dipinto che baciamo, ma a chi è raffigurato ricordando tutto ciò che è stato fatto per la nostra salvezza; come quando baciando la foto di un nostro caro defunto, il nostro bacio, anche se dato alla foto, non è diretto alla carta ma alla persona che è raffigurata e che ci è cara, per l’amore che ci ha legato. L’icona è un sacramentale, cioè in maniera simile ai sacramenti ci trasmette la divina grazia. È bene avere di fronte a noi, nei luoghi dove siamo soliti vivere, un’icona che ci aiuta a rivolgere sempre il nostro sguardo a Dio e quindi a dedicare a Lui ogni momento della nostra vita, vivendo sotto lo sguardo amorevole e misericordioso di Cristo.

Oggi prima di iniziare la celebrazione della Divina Liturgia, in ricordo del ristabilimento del culto delle icone, si svolge la processione con le icone che si trovano in chiesa e con quelle portate dai fedeli dalle loro case.

La punta di questa celebrazione è rivolta alla memoria liturgica della santa Sinodo dell’843, quando la Basilissa Teodora, che era reggente per il legittimo erede al trono imperiale, suo figlio minore Michele III, restaurata l’icona del Signore alla porta di Calchea, che era stata distrutta come segno dello scatenamento della lotta contro il culto íconico, finalmente fece celebrare una Sinodo in cui, condannata la perniciosa eresia dell’iconoclastia o iconomachia, si dichiarava il ritorno definitivo all’Orthodoxìa plenaria e intangibile. Successivamente, poiché la proclamazione avvenne alla Domenica la di Quaresima di quell’anno, questa medesima Domenica fu l’occasione anche della condanna solenne di tutte le eresie. Per questo, alla fine dell’ufficio del Mattutino, ci si reca in processione in un luogo preparato, portando le “ícone sante e venerabili”, e si dà lettura del Synodikón dell’843, ossia del documento di quella Sinodo, e della “definizione” (hóros) della Sinodo di Nicea II, Ecumenico 7°, del 787; contestualmente si acclama con la formula “eterna la sua memoria”, ripetuta 3 volte, ad ognuno dei grandi campioni della fede, i Padri ortodossi, e con la formula anche essa triplice “anatema!” si condannano gli eretici di tutte le epoche. 

Il Sinodo di Nicea II stabilì un argomento di convenienza: “quanto la Parola rivela, l’icona manifesta e mostra”; la devozione “relativa” all’icona è supporto dell’adorazione al divino Prototipo. Venerare le “sante icone” non è idololatria -accusa iconomaca molto insistita, pretesto per mettere a morte i resistenti -, ma vera pietà religiosa.

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