Con la benedizione di Sua Eminenza Avondios , Vicario della Metropolia di Aquileia
Articolo di Ieromonaco Atanasio Marco Giorgi
“In un contesto di declino spirituale di una società che a volte manca di discernimento morale, ecclesiologico e dottrinale , là ove a volte sacerdoti abbandonano la chiesa di Cristo per seguire i propri ideali, dottrine, idee religiose e a volte lasciandosi ingannare dall’orgoglio personale, questo articolo può fare un po di luce ortodossa.
Tantissime volte sentiamo nel mondo virtuale e mediatico di come nascono le cosiddette chiese “private” , pseudo ortodosse che aldilà dell’aspetto logico e umano creano un danno notevole all’ortodossia , alla chiesa , dando nascita agli scismi, apostasie della fede ortodossa , ma quello che e più grave traendo in inganno le anime dei poveri fedeli. “
Rimaniamo saldi nel Ortodossia,
Vicario Generale
La Chiesa è spesso paragonata ad un essere vivente, poiché lo è in verità, ma tramite una metafora particolare: Cristo è il capo della Chiesa [Efesini 1:20-23], e i suoi ministri sono le membra di questo corpo divinoumano. San Paolo Apostolo paragona la Chiesa ad un edificio, chiamandola colonna e fondamento della Verità [Timoteo 3:15], ad eco delle parole di Cristo che riprendono il salmo 118:22: la pietra scartata dai costrutti è divenuta pietra d’angolo. Questo edificio mistico e terreno al medesimo tempo è dotato del carisma dell’Ordine impartito dal Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo ai suoi discepoli, gli Apostoli, che lo ricevettero nel giorno di Pentecoste: i successori degli apostoli, ovvero i vescovi e i sacerdoti, e anche i diaconi che furono ordinati dagli apostoli come loro subalterni, sono tutti benedetti e santificati dalla presenza vivificante del Paraclito che permette loro di servire l’altare di Dio e di chiamare la grazia di Dio sugli uomini e su tutte le creature tramite la ierurgia.
Dopo questa piccola quanto doverosa premessa, occorre comprendere che fuori dalla Chiesa non vi è possibilità di trovare l’Ordine sacro, giacché viene impartito da Cristo stesso tramite l’imposizione delle mani del Vescovo, il successore degli Apostoli. Secondo istituzioni antichissime, il sacerdozio non può essere cancellato perché si imprime indelebilmente nell’essenza più intima dell’uomo che lo riceve. L’Ordine tuttavia può essere perso in alcuni casi che fin dagli albori della Chiesa furono dedotti e classificati, e che si possono tutti assommare al peccato terribile dell’Apostasia.
Si vede chiaramente fin dai canoni apostolici, redatti nel II secolo, base del Diritto Canonico ortodosso:
Canone VII fra gli Ottantacinque Canoni degli Apostoli
Se un vescovo, un sacerdote o un diacono celebrano la santa Pasqua prima dell’equinozio di Primavera, con i Giudei, siano deposti.
Canone XXIX
Se un vescovo, un presbitero o un diacono ottengono l’onore della carica per mezzo del denaro, ebbene che questo chierico sia deposto, e posto fuori da ogni comunione, così come io, Pietro[1], feci con Simon Mago.
Cui fanno eco i canoni successivi della stessa raccolta:
Canone X
Se qualcuno prega con un eretico, anche privatamente, sia esso stesso scomunicato.
Canone XI
Un chierico che si unisce in preghiera ad un chierico deposto, sia scomunicato egli stesso.
Il grave peccato di concelebrazione con gli eretici è punito con la perdita della propria dignità sacerdotale, giacché si è preferito dare le perle ai porci [cfr. Matteo 7:6]. Sempre dal medesimo compendio canonico, vediamo ancora altri casi di sospensione a divinis e di perdita del ruolo sacerdotale:
Canone XXVIII
Qualora un vescovo, un sacerdote o un diacono estromessi con accuse fondate dalle celebrazioni hanno l’ardire di intrufolarsi in un divino officio e viene loro affidato (per misconoscenza), che siano tagliati fuori dalla Chiesa.
Canone XXXI
Se un sacerdote, senza riguardo per il proprio vescovo, si stacca dalla sua comunità e crea un secondo altare, senza dimostrare in giustizia che il vescovo è fallace, sia deposto per la sua ambizione, poiché è un tiranno, e quanti concelebrano con lui abbiano la stessa sorte; i laici che lo seguono siano scomunicati. Questo avvenga dopo tre ammonimenti da parte del suo vescovo, se egli persiste.
L’unica figura che può riammettere un sacerdote scomunicato nel pleroma della Chiesa è il vescovo che lo ha ordinato, secondo i Canoni Apostolici:
Canone XXXII
Se un sacerdote o un diacono sono scomunicati, non potranno essere riammessi alla comunione se non dal vescovo che li ha scomunicati: se questo non avviene, si attenda la morte del vescovo.
Sempre i Canoni Apostolici si mettono in forte contrasto contro l’idea di essere ordinati da un’altra parte, ottenuta la scomunica presso una Chiesa Locale:
Canone XLVIII
Un vescovo, un prete o un diacono non riceveranno mai una seconda ordinazione, pena la scomunica sia dell’ordinante che dell’ordinato: a meno che l’ordinazione non venga dagli eretici. Coloro che appartengono a questo stadio[2] non possono far parte né del clero né dei fedeli.
Il Concilio Ecumenico Quarto di Calcedonia stabilisce l’anatema per i chierici che di propria volontà abbandonano la vocazione sacerdotale senza alcun motivo sufficientemente valido:
Canone VII del Concilio Ecumenico Quarto
Coloro che una volta sono stati ammessi nelle file del clero o tra i monaci non devono far parte dell’esercito né ottenere dignità mondane. Di conseguenza, chi tenterà ciò e non farà penitenza, e non tornerà alla vita che prima aveva scelto per Iddio, sia anatema.
Sempre al Concilio di Calcedonia si stabilisce che perfino un vescovo sospeso non è più in possesso della sua dignità episcopale.
Canone XXIX
I magnificentissimi e gloriosissimi imperatori dissero: “che pensa il santo sinodo dei vescovi consacrati da Fozio, vescovo piissimo, e rimossi dal religiosissimo vescovo Eustazio, e obbligati ad essere, dopo l’episcopato, dei semplici sacerdoti?”. I reverendissimi vescovi Pascasino e Lucenzio e il sacerdote Bonifacio, rappresentanti della sede di Roma, dissero: “ridurre un vescovo al grado di semplice sacerdote, è un sacrilegio. Se, infatti per un giusto motivo essi debbono essere sospesi dall’esercizio dell’episcopato, non devono neppure avere il posto di presbiteri. Se poi sono stati rimossi dalla loro carica senza colpa, devono essere reintegrati nella loro dignità di vescovi”. Il piissimo Anatolio, arcivescovo di Costantinopoli, disse: “quelli che sono stati ridotti dalla dignità vescovile al grado di presbiteri, se sono stati condannati per motivi ragionevoli, certamente non sono degni neppure della dignità di presbiteri. Se poi sono stati ridotti al grado inferiore senza motivo, giustamente, se risulta che sono innocenti, devono riprendere la dignità e le funzioni dell’episcopato”.
Come abbiamo visto potendo studiare i Canoni dei Concili Ecumenici, fondamento e base di tutto il Diritto Canonico ortodosso, le ragioni principali per l’allontanamento di un chierico sono l’abiura, l’abbandono volontario delle sue funzioni, e la sua indegnità, oltreché il famoso “peccato imperdonabile” ovvero la simonia. Difatti il famoso Sinodo Irlandese del V secolo, presieduto da san Patrizio, rimane molto duro su quanti abbandonano la Chiesa:
Canone X di san Patrizio
Se un uomo ha ben iniziato come Salmista[3], ma poi esce (dalla Chiesa) e si lascia crescere i capelli, sia escluso dalla Chiesa, a meno che non torni al suo precedente status.
Se un chierico è stato scomunicato e viene da qualcuno ricevuto, siano entrambi sottoposti alla medesima penitenza.
Come fonte di tutti i canoni qui riportati abbiamo utilizzato il Pidalion di san Nicodemo dell’Athos, noto dottore di questa materia, compilatore di quella raccolta.
La Santa Chiesa, benché possa dimostrarsi clemente, non può cedere dinnanzi al terribile peccato che porta alcuni uomini ad abbandonarLa e a cercare la gloria umana, e che poi vogliono tornare con quegli onori che hanno guadagnato altrove. Se i vescovi, i sacerdoti e i diaconi che hanno vissuto una vita disonesta si pentono, possono essere riammessi – secondo la volontà del vescovo cui si rivolgono – dopo un periodo passato in raccoglimento e penitenza, con il loro grado oppure allo stato laico, secondo le direttive del Vescovo di riferimento. Ma un chierico ortodosso che ha apostatato la Vera Chiesa di Cristo per una qualsiasi altra religione, non può tornare nelle funzioni sacerdotali, perché ha preferito addormentarsi che tenere la guardia fino alla fine. Solamente nella Chiesa Ortodossa è a noi rivelato il cammino della salvezza e ci sono donati i mezzi attraverso i quali una persona, purificando il cuore dai peccati e il corpo dalle passioni, ha un accesso diretto e sicuro alla salvezza. E’ in questo senso che san Cipriano afferma:
Fuori la Chiesa non c’è salvezza, la sposa di Cristo è unica ed è la Chiesa Cattolica (il termine cattolico in greco indica la pienezza e l’integrità della fede) ella sola può fare figli di Dio, attraverso il battesimo. Non vi sono molte spose di Cristo giacché dice l’Apostolo: Ti ho sposata con un solo uomo per presentarti a Cristo come una vergine pura” (2 Cor 11, 2). Per questo Cristo, nostro Signore, manifestando che la sua sposa è una sola, dichiara il mistero della sua unità: Chi non è con me e chi non raccoglie con me disperde. (Lc 11, 23). La Chiesa con vivo e sincero dolore anatemizza tali rinnegati, in accordo con le parole del nostro Salvatore Gesù Cristo e dell’Apostolo Paolo: Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano (Mt 18:17). E anche: Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! (Gal. 1:8-9), Li anatemizza e li minaccia con l’eterna dannazione e li chiama a ritornare al gregge Ortodosso. Per questo, non possiamo accettare che un chierico deposto e allontanato, per sua volontà o per comando episcopale, dalla Chiesa Ortodossa, sia considerato ortodosso o peggio millanti di appartenere alla vera Chiesa di Cristo, giacché non lo è. Chi con pentimento è disposto a riprendere il suo posto fra i penitenti, come il Figliol Prodigo, allora verrà accolto amorosamente ma con giusto giudizio e verrà sottoposto alla penitenza canonica che lo aspetta, prima di venire riabilitato ai sacri Misteri.
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[1] I Padri conciliari che hanno stilato i canoni apostolici sono successori degli apostoli e pertanto utilizzano questa immagine (Pietro) per far comprendere come la potestà vescovile sia proveniente dall’eredità apostolica diretta.
[2] Cioè agli ordinati dagli eretici.
[3] Nella Chiesa Latina il Salmistato corrisponde al Lettorato.
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